mercoledì 21 novembre 2007

Cambiamenti in vista


Succede a volte che un episodio influenzi il corso degli eventi nella nostra vita.
Non so quanto sarà profondo il cambiamento, ma sicuramente il prossimo anno comincerà per me all’insegna delle novità.
Dal 2 gennaio 2008 si cambia lavoro!

E’ come una piccola rinascita: anno nuovo, colleghi nuovi, casa nuova.
La sveglia non sarà più puntata alle 5:30 come un revolver alla mia testa. Potrò gustarmi la colazione senza ustionarmi le labbra con il latte caldo o slogarmi la mandibola per trangugiare il pane con la marmellata in due bocconi.
E’ vero che nei primi giorni dovrò accendere il cervello un po’ prima, dato che molte operazioni effettuate finora meccanicamente potrebbero condurmi in errore. Non vorrei accorgermi di aver sbagliato direzione (nord anziché sud al bivio dopo il ponte) con un’ora di ritardo. E non tanto per la perdita di tempo.
Mi riferisco all’imbarazzo che si prova quando arrivi al lavoro, trovi la scrivania occupata e vedi le facce sorprese degli ex-colleghi che si domandano che cosa fai lì. Vagli a spiegare che non si tratta di uno scherzo o che non ci hai ripensato!

Un altro momento critico sarà la pausa pranzo: dove lo trovo un locale come la pizzeria del signor Marchese, un simpatico siciliano che mi prepara ogni giorno qualcosa di buono da mangiare. Addio riflessioni ontologiche, accesa dialettica (spero che il cugino non diventi geloso) sulle strutture dell’universo e sul sapore della pizza.
Dovrò trovarmi un altro cuoco che sappia preparare buoni piatti per farmi riprendere le forze e che abbia pure interessi intellettuali per filosofare tra un morso e l’altro. Mica facile!

La sera, tornato a casa stanco, non riconoscerò più il focolare domestico. Non saprò dove posare la borsa da lavoro per poterla ritrovare senza lunghe ricerche la mattina dopo.
Sarò costretto inesorabilmente a pratiche poco eleganti ma molto efficaci, come l’imprecazione, per richiamare alla mia memoria o a quella della mia consorte il posto dove è andato a finire il libro che avevo cominciato a leggere qualche anno fa.
Insomma, si cambiano abitudini (e non solo).

P.S. Dato che a febbraio abbandoneremo Eberbach, forse il posto più bello in cui abbiamo vissuto, per trasferirci a Neckarsulm, pubblico l’immagine di una suggestiva piazza della città. Al piano interrato dell’edificio sulla destra (di fronte all’arco fiorito) si trova un ristorante francese molto caratteristico. I piani superiori sono adibiti ad albergo con graziose camerette.Alle spalle dell’altra casa a graticcio si sporge la torre dell’aspo, che dà lustro alla piazza, con la sua punta aguzza tipicamente tedesca. Infine sulla sinistra, parzialmente coperto dall’arco fiorito, vi è la gloriosa gelateria salentina, luogo di intrattenimento e di refrigerio per i cittadini di Eberbach nei pomeriggi estivi.

mercoledì 7 novembre 2007

Alla fine della vita restano solo i ricordi:cerca di averli felici

In un giorno di novembre come tanti altri, ci lascia un grande uomo: Enzo Marco Biagi. Alla tenera età di 87 anni il Signore lo ha chiamato a se per scrivere qualche articolo anche per lui...
E' tardi, nel lettone caldo accanto alla mia dolce metà Milena, guardo lo speciale televisivo. A luci spente in religioso silenzio il mondo sembra rallentare la sua corsa anche solo per pochi minuti.
Ho letto solo 2 libri del grandissimo cronista ed è una lacuna che dovrò colmare quanto prima, perché leggerlo è come chiacchierare con il nonno ideale che tutti vorrebbero avere. Il titolo di questo post è una sua frase, un' aforisma di cui era ghiotto ed è un invito rivolto all'amico Roberto Benigni durante una delle lunghe telefonate serali. Benigni ha fatto un elogio funebre allegro, sprizzante di gioia e sincerità che davvero mi ha commosso alle lacrime. Nel ringraziare Enzo era come se stesse ringraziando tutte le persone che non perdono la propria umanità e tengono viva la speranza di una vita nuova, migliore.
Cosa c'era e cosa manca con la sua scomparsa? Tutto e niente, perché le persone nascono, crescono e muoiono come mi capita a volte di dire. Non è cinismo, ma l'accettazione della nostra condizione limitata che ci deve dare la spinta per vivere la nostra avventura terrena cercando di rispettare tutti senza però non dire come la pensiamo. Non ci sono domande che non possono essere poste, se lo si fa con garbo. Umile artigiano del giornalismo, Enzo ha scelto un mestiere bellissimo per conoscere veramente il mondo. Ripulendo i suoi articoli dalle influenze politiche ed economiche ci ha regalato delle formidabili tisane di bontà di cui abbiamo sempre bisogno.
Una parola buona non fa mai male, specialmente oggi che sembriamo tutti pronti a sbranarci.
Un abbraccio sincero, quasi fisico per quello che riesco; se ne va l'uomo, resta la speranza...

sabato 3 novembre 2007

Colti in castagna

Una fredda mattina di metà autunno in un lontano e sconosciuto paese, una tenue luce si accese ad illuminare la camera da letto di un appartamento al secondo piano.
“Maura, sono le cinque e un quarto. Alzati, altrimenti perdiamo il treno. Vado a preparare il caffellatte.”
Consueta scena di inizio giornata in quella casa. Il marito, appena destatosi, invita l’assonnata moglie a saltare giù dal letto per lavarsi, vestirsi e fare colazione. Il tempo a disposizione è così scarso da consentire solo l’esecuzione automatica dei gesti abituali che fanno passare dal giacere su un letto come privi di vita al trovarsi seduti in una carrozza di un treno diretto al luogo di lavoro.
Quel giorno però il treno non portava al lavoro bensì in vacanza.

Dopo qualche ora di viaggio i nostri eroi si ritrovarono in un ridente paesino dell’Appennino abruzzese immerso nella natura selvaggia. Lo scroscio dei torrenti che dalle ripide pareti delle montagne scendono a valle ed il fruscio delle foglie ingiallite dalla stagione fredda sembravano sussurrare ai nostri viaggiatori che si avvicinava il dì di festa.

Proprio così: in quei giorni si svolgeva sull’ “Altum Sanctae Mariae” la celeberrima sagra della castagna, un appuntamento atteso vivamente tanto dagli abitanti del borgo quanto dai golosi del prelibato frutto. Questi ultimi attendono impazientemente la fine di ottobre per gustare la castagna in tutte le sue variazioni: nell’impasto di dolci, come caldarrosta o lessata. Non solo: per i buongustai la crema di castagna dà al tiramisù un tocco sublime ed inconfondibile, per gli amici di Bacco il liquore alla castagna rappresenta il coronamento di un pasto da ricordare.

Insomma Maura ed Andrea capitarono proprio a fagiolo in quel luogo di tentazioni culinarie e di beoni. Dopo aver vissuto i preparativi e le prove del sabato del villaggio, tra un pruspino ed un morolo (liquori portentosi) e trascorso una nottata di meditazione in trepidante attesa del dì di festa, i due turisti si risvegliarono all’alba per vivere il sospirato evento. Insieme a parenti ed amici oltrepassarono il portone in legno del villaggio della castagna e si incamminarono per le stradine del centro storico, per mettere a fuoco e memorizzare i punti di maggiore interesse.
Il pranzo fu a dir poco luculliano: bruschette al tartufo e prosciutto, broccoletti (nome locale delle cime di rapa) e salsiccia, minestra di quagliategli (pasta a striscioline corte) e fagioli, polenta, arrosticini alla brace, caldarroste ed un paio di bicchieri di amaro salesiano.
La smodata abbuffata ed un sopraggiunto senso del rimorso, accompagnato da sonnolenza e pesantezza di stomaco, fecero decidere ai nostri due viaggiatori di percorrere a piedi in pellegrinaggio la strada verso il Gran Sasso. Arroccato sulla montagna scoprirono un paese di pietra avvolto nelle nebbie e rimasto immutato nel corso dei secoli, protetto dalla sua torre medioevale. Decisero di chiamarlo S.Stefano di Sessanio.